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APPALTI ENAC, D’ALEMA INDAGATO A ROMA. LUI CHIARISCE MA I DUBBI RESTANO

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di Emiliana De Santis

La notizia è di venerdì, i fatti non conoscono tempo. Massimo D’Alema, leader del Partito Democratico e presidente del Comitato parlamentare per i servizi segreti (Copasir), è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Roma nell’ambito del filone d’inchiesta sugli appalti Enac.  I Pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini vogliono vederci chiaro sui voli gratuiti di cui avrebbe beneficiato l’ex Premier. Lo stesso D’Alema, attraverso il suo legale, ha fatto sapere di aver fornito ai magistrati tutti i chiarimenti del caso una decina di giorni prima che la notizia venisse divulgata. Riportano la notizia le principali testate nazionali: Il Sole 24 Ore, La Stampa, Il Riformista. D’Alema sarebbe stato sentito da Ielo e Cascini il 10 ottobre e, durante l’interrogatorio, avrebbe detto di aver usufruito dei voli ma di non sapere che ci fosse qualcuno che li pagava per lui, convinto che gli fossero stati offerti “gratuitamente” dalla Rotkopf e da Morichini come favore personale.

Il capo del Copasir sperava di uscirne immune, non si aspettava nemmeno che il suo nome venisse accostato a quello tristemente noto di Gianpi Tarantini. Tuttavia lo zelo degli inquirenti e il clima avvelenato di tangentopoli bis non risparmiano nessuno, soprattutto chi – nascosto nelle fitte nebbie del gioco politico – intesserebbe una rete di contattigi così tentacolare da riuscire a congiungersi, probabilmente, con quella altrettanto fitta del nostro Presidente del Consiglio.

Di quest’ultimo si parla sempre, le sue intercettazioni finiscono su tutti i giornali; invece sul primo si vocifera, si spiattellano parole scomode solo su quotidiani politicamente troppo schierati per risultare credibili. Carta, anzi telefonata, canterebbe. D’Alema sembra conoscere Tarantini e sembra essere venuto a contatto con la fitta rete di contatti attorno a quest’ultimo. Ha sicuramente ammesso di aver usato il Cessna della Rotkopf per i cinque voli tra Roma, Foligno, Bari e Lamezia. A Bari, però, Baffino non è indagato, mentre lo è in Capitale, dove lo accusano dello stesso identico reato di Scajola, “finanziamento illecito a un parlamentare”. In politica, al pari della matematica, vale la proprietà commutativa: cambia il partito ma non mutano i reati… presunti, s’intende.

Il collegamento tra le due inchieste sarebbe una barca, la Ikarus, proprietà condivisa tra D’Alema e Vincenzo Morichini, amico personale del leader democratico e fundraiser della Fondazione ItalianiEuropei, presieduta dallo stesso D’Alema. Su questa barca, sarebbe avvenuto l’incontro con Gianpaolo Tarantini, alla presenza di quel Morichini che insieme a Franco Pronzato deterrebbe alcune partecipazioni nella Rotkopf Aviation. La compagnia, gestita da Vincenzo e Viscardo Paganelli, voleva ottenere il certificato di volo aereo per partecipare all’appalto Enac sulla tratta Firenze-Pisa-Isola d’Elba ma sembra non avesse velivoli adeguati. Così Paganelli avrebbe versato a Pronzato 40 mila euro di mazzette, divise con Morichini, per facilitare tutta la pratica. Questa la ricostruzione dei quotidiani di cui sopra, secondo cui metà quota sarebbe andata al fedelissimo di D’Alema, l’altro cinquanta percento all’ex consigliere di Bersani al ministero dei Trasporti. Tangenti apparentemente democratiche, quindi.

È stato Gianpaolo a Tarantini a dichiarare: “A vent’anni ero in barca con D’Alema (la Ikarus), a trenta ero a cena da Berlusconi”. Su quella barca, il faccendiere barese, ci sarebbe stato davvero, anche se il capo del Copasir ha giurato di non avere con Tarantini un’approfondita conoscenza. Anzi, dalle indagini di Bari, sembra che Gianpi sapesse bene come districarsi sia a destra sia a sinistra: sarebbe stato  di fatti in contatto diretto con Walter Lavitola e, contemporaneamente, consulente di Enrico Intini, altro fedelissimo di D’Alema.

Un gran calderone insomma, in cui il colore politico sembra sfumare i contorni degli interessi economici e personali. Resta una grande differenza, che non qualifica i gesti né il valore degli uomini. Un semplice dato di fatto: qual è il motivo per cui le intercettazioni tra Lavitola e Berlusconi sono fruibili sul web mentre i verbali d’interrogatorio di D’Alema sono stati secretati dalla magistratura capitolina e quindi la notizia non si è diffusa fino a venerdì. Punto interrogativo. Si può obiettare che l’uno riveste una carica pubblica di primissimo piano mentre il secondo al momento non è se non uno dei big di un partito d’opposizione. Senza contare che nella voce “altro” potrebbero essere ricomprese alcune attività poco chiare. Il nome di D’Alema è spuntato, senza meglio definite e dirette responsabilità, anche sul caso della Milano Serravalle.

A piazzale Clodio parlano comunque di vicina archiviazione. Paganelli, bilancio alla mano, ha sostenuto che non sono stati effettuati voli gratuiti con D’Alema passeggero. Le tratte aeree, pari a una somma di circa 7 mila euro, sarebbero state pagate: bisogna ancora capire da chi. L’ex Premier, avrebbe solo usufruito di un servizio offerto da un amico, senza sapere del giro di soldi che ci stava dietro. Pari pari al malpancista Scajola. Gli pagavano la casa a sua insaputa e lui accettava di buon grado?

Solo che noi comuni mortali, a cui non rimborsano nemmeno il biglietto di Trenitalia dopo che il Freccia Rossa è arrivato con 3 ore di ritardo, non possiamo capire. Pronzato e Paganelli hanno patteggiato per ridurre la pena. Se, in questo caso, valesse la proprietà commutativa, pure D’Alema e Berlusconi dovrebbero farlo – se acclarate responsabilità inconfutabili – prima che sia il popolo sfigato a decretarne l’uscita di scena, senza patteggiamento.


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